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friend of the month: Vasilij Grossman "Life and Destiny"

lunedì 16 febbraio 2009

De Civi(l)tate Dei



E' una questione di sicurezza.

E se non fosse? O se solo non? O se non fosse solo?

L'ipotesi al passato, la possibilità della scappatoia che si possa ripercorrere con l'immaginazione spinta indietro a forza di gomitate, di pugni in faccia, di penetrazioni...

Questo- "se, se non"- m'immagino si chiedano le donne, le ragazzine, le madri, le figlie, le fidanzate, le sconosciute che riaprono gli occhi su quello che "oggi più che mai" -sembrano far credere i giornali- è . Un eccesso di coercizione, quel quid che guasta tutte le feste e una vita intera e che, depistato dal dovere di cronaca, pare diventare soprattutto pretesto per qualcos'altro.
La crociata che coinvolge le brave teste, le lingue lunghe, i buontemponi, gli accoliti, i puristi, i garantisti pure. L'ennesima, così come ennesimi si fanno gli episodi di stupro compiuti nei confronti del sesso, femminile e maschile- dei fidanzati, mariti,compagni,padri,fratelli costretti anche loro a subire la violenza suprema dell'incapacità di saper difendere i propri cari- sul suolo italiano e sulle più svariate pelli.
Noi, il popolo italiano e le sue istituzioni, ci si schiera, si cerca il modo più solido per puntare il dito, e per prendere la mira con il bastone. Si individua un diverso, che sia più diverso possibile, che renda il problema qualcosa di lontano (da qui), più facile da gestire. C'accorgiamo piano delle rare parole di condanna di chi, volente o nolente, s'accosta ai colpevoli. Non capiamo forse che nell'immediato desiderio di vendetta, nella collera che sale e cerca di sfondare il nodo alla gola, nello sfogo del "nessuno tocchi le NOSTRE donne", abbiamo già impedito che si formi una la coscienza dolorosa che, sola, permette di identificare il problema.
Di questo si tratta in fondo: non di "nostre" e "vostre", ma di donne.

E si finisce col dimenticare che c'è una kultura, che qui si scrive col telefonino e con youtube si propaga, e che in altri posti alberga nelle strade e nelle case vuote di rispetto, che se ne frega.
Un atteggiamento culturale che non si spinge mai a collaborare con la propria coscienza, che anzi lascia i propri valori a bagno in una zona perennemente grigia, dove la parola CRIMINE non ha definizione.

In tutto questo, le istituzioni che con tanto affanno s'ingegnano a garantir sicurezza prima, e sgravio poi (gratuito patrocinio per le vittime di violenza), s'affiancano ai soliti magistrati che si perdono in fottute digressioni di procedura e mani pulite, mani garantite.
C'è un tempo per tutto, si dice. Eppure il tempo breve in cui si condanna a morte un equilibrio faticosamente e privatamente costruito, non corrisponde ai tempi politici che s'attardano con una mano sul cuore di padri, e una sulla patta con la chiusura da uomo. C'è una politica che continua a rimanere maschia, nella sua incapacità di affrontare scabrosi temi.
Occorre dichiarare unanimemente e chiaramente che qualsiasi stupro è gesto malvagio, è prevaricazione, è violenza, è improvvisa morte di tutta una liturgia del corpo e del sentimento che ogni individuo ha il diritto di vivere, anche negli inevitabili traumi, senza passare attraverso la violazione del domicilio dell'identità più profonda. Occorre farlo senza passare per strette gallerie che fanno comprendere l'estrema vulnerabilità di chi subisce violenza solo passando per altre vulnerabilità (la giovane età delle vittime).

Se anche si riuscisse a rinunciare all'esigenza delle attenuanti, alla facilitazione della scusante, si riuscirà a superare la tentazione del capro espiatorio individuato in un "bruto-altro", per impegnarsi anche e soprattutto in un percorso che conduca al rispetto della donna in quanto tale?

E' anche questa la questione:
una questione di educazione

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