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friend of the month: Vasilij Grossman "Life and Destiny"

martedì 9 marzo 2010

Alice (once) in the wonderland


Simone Rea-Alice nel paese delle meraviglie, tavola selezionata al concorso Figures Futur 2006


Burton attacca. Attacca Alice al chiodo.

Anni prima Artaud l'aveva messa in manicomio. Ma per riappropriarsi di sè.

Burton, invece, taglia, cuce, rattoppa con scampoli (già da lui usati) e finisce solo col cadere nel triste peccatuccio d'ingegno del III millennio: il copia/incolla.

La nuova Alice che è sognatrice solo nel mondo reale di borghesi abborghesati- talmente posticci da sembrar più protesi che persone- rotolò tanto in basso da cadere nell'ancor più vieto mondo dell' epica biblica. Là, dove tutto ha un senso solo nella missione. Sicchè non solo Alice deve salvare il Wonderland, ma anche se stessa: scapperà in un vascello pronto a conquistar la Cina con le proporzioni del bagno di servizio della barca a vela di Briatore.
Cambiano i tempi, e pure le proporzioni. Ma perchè Burton abbia cambiato il giusto afflato psichedelico che ad Alice fu dato nell'ormai lontano 1951 non è chiaro. Il ritmo dell'Alice giovinotta si guadagna solo i nostri sbadigli. I personaggi, anche quelli che circondano i cattivi, sono banalotti, poco caratterizzati (solo truccati sono) così che non suscitano nè curiosità, nè stupore, nè indignazione (anzi forse questa sì!). I buoni sono ovviamente buoni, tanto da farci venire la voglia di diventar cattivi. I dialoghi sono scritti a penna: peccato, fossero stati scritti a matita si sarebbero potuti cancellare senza problemi. Tutti passano per lo schermo, ma non lasciano alcun ricordo.
Alice, senza il suo grembiule bianco, sembra anche privata di presenza scenica. Fa, disfa, cresce, si fa minuta, ma sembra quasi non accorgersene. Procede per il sentiero -già segnato- come la recluta compie gli esercizi del percorso di addestramento.
Il cappellaio matto, che appare gongolante nelle locandine in una colorata insalata di funghetti, è un personaggio disfatto nei lineamenti e pure nella spina dorsale dal trucco stesso che ce lo consegna sullo schermo. Encefalogramma piatto è il suo secondo nome. Terra bruciata di cappellaio matto il nome della tinta dei suoi capelli.

"Questo è il mio sogno, devo solo aspettare che finisca" continua a ripetere Alice, finchè non si fa convincere dalla cricca dei suoi amici a far quel che deve fare (l'avessero costretta a fare una rapina, almeno sarebbero stati più imprevedibili).

Le auguriamo anche noi che finisca presto.

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